L’acronimo lascia dire di sé: un artista senza volto (ma con molta anima), a-partitico (ma politico dalla testa ai piedi), schivo (ma diligente comunicatore).
Dalla strada, dove lavora da sempre, probabilmente non ha ripreso solo una tag (la firma degli street artist) ma quell’atteggiamento a non parlarsi addosso, ad affidare alle immagini “il lavoro sporco”: passare da un sguardo incidentale all’altro con certezza alcuna.
Per questo, forse, le parole “aggiungono” e “costruiscono” (in caratteri tipografici) e, nella dimensione di un quadro, sembrano riempire vuoti
e assenze: la musica che si ascolta quando si dipinge, il libro di poesie letto la sera prima, l’opera di un artista scoperto da poco o che si conosce da sempre e a cui si vuole rendere
omaggio.
Quello che c’è da capire è lì sia che si guardi da vicino (insiemi di lettere che diventano parola, discorso, poesia…) sia da lontano (catene di parole illeggibili ma belle da
vedere).